#MeetTheStudents

Nicola Palladini, 24 anni, cittadino milanese che appena può si rifugia in campagna per lavorare il legno, coltivare il suo orto e passeggiare con i suoi cani. Ecco la sua storia accademica.

Come sei arrivato al DISAA?

Beh, contrariamente ad altri miei compagni di studi, ho conseguito una maturità classica. In realtà, pensavo di iscrivermi a filosofia, poi medicina… alla fine ho optato per Scienze Agrarie, decidendo di seguire finalmente la passione per la campagna che fino a quel momento era rimasto solamente un hobby.

Come mai a Milano?

La facoltà di Agraria a Milano ha un’ottima reputazione guadagnata in 150 anni di storia. E poi sono di Milano. Se non al DiSAA dove?

Hai trovato difficoltà nell’affrontare le materie scientifiche del percorso di studi?

Il primo anno è stato difficile. Non solo per via delle materie scientifiche di base, che al classico sono molto trascurate, per esempio chimica l’avevo studiata molto poco, ma anche per via del metodo di studio. La quantità di materiale da presentare ad un esame non è la stessa che per una verifica delle superiori e ho dovuto imparare a gestire una mole di studio decisamente superiore a quanto ero abituato a fare. Con un po’ di fatica e senza perdersi d’animo, dopo i primi ostacoli la strada si spiana. Alcuni ricercatori e professori DiSAA che provengono dal classico sono stati per me d’ispirazione!

Dopo la triennale ti sei iscritto alla Magistrale che ora stai terminando.

Si sono in tesi. Pensa che quando mi sono iscritto all’università pensavo di proseguire con la magistrale di enologia e viticoltura ma durante gli studi della triennale, dopo gli esami di zootecnia, ho cambiato totalmente idea e, senza indugi, mi sono iscritto a scienze agrarie indirizzo zootecnico. Se la scelta della triennale è stata un po’ sofferta a causa delle indecisioni post-liceo, per la magistrale la scelta è stata facile poiché non potevo che seguire il forte interesse maturato per la zootecnia.

Diciamo che uno dei vantaggi della facoltà di agraria è di essere multidisciplinare quindi permette di fare queste inversioni di rotta. Parlami un po’ del tuo tirocinio.

Sono in fase di scrittura della tesi. Ho seguito un progetto sulla gestione dei vitelli in 17 aziende del territorio lombardo. In particolare, misuro alcuni parametri gestionali delle aziende per vedere come questi influiscono sulla crescita dei vitelli.

Di che aziende si tratta?

Sono aziende di vacche da latte. La dimensione aziendale è molto varia, si passa da aziende con pochi animali e gestione strettamente familiare ad aziende che invece si sono ingrandite molto e, pur mantenendo prevalentemente la gestione a livello familiare, si avvalgono di vari dipendenti. Le aziende lombarde sono un campione particolarmente interessante tra le aziende da latte italiane perché sia le dimensioni che le produzioni sono significativamente più elevate che nel resto d’Italia.

Dove ti piacerebbe lavorare dopo la tesi?

Se mi venisse offerta la possibilità, mi piacerebbe provare a fare ricerca in università. Al DiSAA, la ricerca sul campo e in laboratorio è veramente all’avanguardia. Non solo, come dipartimento partecipiamo a moltissimi progetti europei quindi abbiamo uno sguardo sempre rivolto verso l’Europa. Tuttavia, come alternativa, penso che sarei anche un buon tecnico aziendale o gestionale. Mi piace applicare ciò che ho studiato.

Sei contento di aver proseguito gli studi?

Si! Credo sia indispensabile. La magistrale offre una preparazione molto più puntuale rispetto alla triennale. Mi sento molto più forte, ho appreso nozioni specifiche, chiaramente in ambito zootecnico. Un’azienda agraria o zootecnica ha mille sfaccettature; vengono trattati temi delicati e pertanto serve una preparazione specifica.

Com’è cambiato il ruolo dell’allevatore negli ultimi 50 anni?

Sicuramente si è modificato grazie alla tecnologia. Ormai è veramente necessario utilizzarla per rimanere competitivi sul mercato. Come dicevo, nel corso del mio tirocinio ho incontrato molti allevatori che lavorano in aziende a conduzione familiare. Talvolta sono restii ad adottare nuove tecniche di gestione, la tecnologia è vista come un ostacolo. I giovani che entrano in azienda, spesso dopo studi di indirizzo agrario, offrono un aiuto concreto all’innovazione. Bisogna anche considerare che gli allevatori fanno e spendono per ciò che porta un beneficio per i loro animali e deve essere un beneficio significativo che deve avere risvolti economico-produttivi. Secondo me sia la ricerca che la produzione di tecnologia devono tenere sempre in considerazione questo aspetto ed essere finalizzate alla realtà produttiva cui sono rivolte.

Anche voi universitari potete aiutare allo “svecchiamento” della gestione

Certo! Giochiamo anche noi un ruolo chiave. Pensa che il Dipartimento sta lavorando anche a progetti davvero cutting edge.

Per esempio?

Vo Capra! Un progetto multidisciplinare che coinvolge anche il dipartimento di informatica e di medicina. Stiamo sviluppando un APP che permette agli allevatori di campionare e comprendere le vocalizzazioni delle capre e capire, con il supporto della tecnologia, come si sentono in modo da migliorare la comunicazione tra capre e allevatori.

La tecnologia al servizio degli allevatori. Ma la tecnologia può aiutare nella gestione più sostenibile da un punto di vista ambientale.

Certo. La vera sfida è sviluppare una tecnologia integrata e facilmente gestibile che possa avere ripercussioni positive nei confronti del rispetto ambientale. La facilità di gestione della tecnologia è un altro aspetto fondamentale, senza facilità di utilizzo un’azienda non investe energie e denaro. Una tecnologia che azzera l’impatto ambientale ma inapplicabile a livello aziendale sarà sempre meno efficace rispetto a una tecnologia che riduce di poco l’impatto ma che, grazie all’ elasticità e facilità di utilizzo, esce dal laboratorio e entra in azienda.

Lo stesso in agricoltura. Sai che la nuova triennale DiSAA si chiama Scienze Agrarie per la Sostenibilità. Che ne pensi?

La sostenibilità è di fondamentale importanza per qualsiasi progetto e ottica futura. A volte viene abusato come termine, almeno nel settore agricolo da parte dell’opinione pubblica. Sostenibile non è il ritorno ad un’agricoltura bucolica. Il concetto di sostenibilità deve tener conto anche delle sfere economica e produttiva. Solo cosi la sostenibilità è intesa in senso completo: la sostenibilità ambientale infatti deve per forza passare attraverso la sostenibilità produttiva ed economica.