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Marco Perfetto, classe 2000, di Trecate in provincia di Novara, ora iscritto alla Laurea Magistrale in Scienze Agrarie per la Sostenibilità, ci racconta della sua passione per le scienze agronomiche e della sua tesi sperimentale di laurea triennale sulle cover crop

Perché ti sei iscritto al DiSAA?

Vengo da un istituto superiore tecnico agrario quindi mi piaceva l’idea di continuare ad approfondire tematiche legate all’agricoltura e all’ambiente anche all’Università.

Quali sono le tue materie preferite?

Mi appassiona molto l’attività di campo e l’agronomia più in generale. Osservare, studiare e comprendere le cause e gli effetti di un fenomeno è sempre stato un motivo di grande curiosità che mi ha spinto a voler conoscere il mondo agricolo.

Visto che ti sei laureato alla triennale da poco, raccontaci su cosa si è basata la tua tesi di laurea.

L’ho svolta con il Prof. Bechini. Si è trattato di una tesi sperimentale, dove, da misurazioni in campo abbiamo sviluppato un modello di simulazione dinamico e tecniche di rilevamento da satellite relativi al danno da gelo.

Su che colture ti sei concentrato?

Sulle cover crop, ovvero colture non da reddito, che vengono seminate tra due colture da reddito al fine di ottenere dei vantaggi agronomici.

Qual è il vantaggio di queste colture?

Rendono il terreno più fertile, conservano e apportano sostanza organica. Non solo, contrastano la degradazione del suolo da erosione, compattamento e perdita di biodiversità, riducono le perdite di nutrienti assimilandoli con la crescita che poi li rendono disponibili, attraverso la degradazione, alla coltura successiva.

Ah quindi sono interessanti anche da un punto di vista ambientale

Sì, ed è possibile fare ancor più mitigazione: l’abbiamo dimostrato in questa tesi. Scegliendo correttamente l’epoca di semina si possono terminare le colture attraverso danno da gelo e non con macchine operatrici o erbicidi, come spesso si osserva, quindi senza comportare costi aggiuntivi per l’agricoltore.

Gli agricoltori utilizzano spesso il metodo cover crop?

Diciamo che la EU prevede e stanzia fondi per l’utilizzo delle cover crop all’interno della PAC come strategia di mitigazione al cambiamento climatico. Pertanto, gli agricoltori le conoscono, ma la loro diffusione è scarsa in quanto molti non sanno come gestirle al meglio e ne vedono un costo aggiuntivo rispetto ai benefici.

Come si seminano le cover crop?

È una tecnica di semina piuttosto semplice, l’opzione più comune consiste nell’uso di una seminatrice a file dotata di organi aprisolco. L’importante è scegliere correttamente l’epoca di semina: le cover crop forniscono i risultati attesi se producono una biomassa aerea e radicale abbondante.

Quali specie si seminano?

Le cover crop più frequenti nei nostri territori sono l’avena, la veccia, il rafano e la senape, ognuna con proprie peculiarità differenti. Il mio lavoro era incentrato su una sola cover crop: la senape bianca (Sinapis alba) che viene coltivata per la produzione di semi, da cui si ottiene la famosa salsa, e in alcuni casi viene usata anche come foraggio.

Perché avete scelto proprio la senape bianca?

Perché è Identificata come cover crop geliva e ha un alto ritmo di crescita così da raggiungere velocemente biomasse consistenti e un’elevata copertura del suolo in breve tempo. Inoltre, ha il vantaggio di avere una bassa densità di semina contenendo i costi.

Com’è nata l’idea per la tua tesi?

L’idea di partenza era lo sviluppo di un modello semplificato per simulare come cambia la resistenza al gelo nelle cover crop in relazione allo stadio di sviluppo e alle temperature, in modo da potere identificare la migliore epoca di semina per terminarle attraverso danno da gelo e al contempo ottenere i vantaggi agro-ambientali. Dato il mio interesse, ho avuto la possibilità di seguire anche il monitoraggio da satellite del danno da gelo, unendo così le due cose. I risultati dicono che più la pianta è vicina alla fioritura, minore sarà la sua capacità di aumentare la propria resistenza alle basse temperature. Quindi, con una semina precoce (settembre) all’arrivo delle basse temperature, la pianta, ormai quasi in fioritura, avrà ridotte capacità di aumentare la propria resistenza al gelo rimanendo vulnerabile alle temperature di poco inferiori a 0 °C che spesso si verificano nei nostri inverni.

Ora con il cambiamento climatico e il verificarsi di eventi estremi sarà molto importante capire come favorire il danno da gelo per terminare le cover crop

Esatto. Se questo studio può sembrare controcorrente in quanto le temperature sono destinate ad alzarsi, è altrettanto vero che l’evento estremo si verifica con percentuali sempre maggiori.

Come si è svolto il lavoro?

Abbiamo monitorato 6 aziende in Lombardia distribuite nella pianura lombarda, in contemporanea con il passaggio da satellite. Mentre passava il satellite noi eravamo in campo a lavorare così da avere i dati concordi nel tempo oltreché nello spazio. In ogni azienda sono state identificate 5 parcelle, dove ad ogni campionamento si prelevava 1 m2 di biomassa distinta in biomassa viva e biomassa morta in funzione dei danni da gelo osservati.

Quando sono stati eseguiti i campionamenti?

I primi campionamenti a metà novembre 2021 e sono durati fino a inizio marzo. Poi dipende, in alcune località ci siamo fermati ai primi di gennaio perché una volta raggiunto un danno da gelo completo della coltura in campo non si campiona più. Alcuni siti seminati con epoca tardiva, invece, li abbiamo continuati a monitorare fino a marzo. Una volta finiti i campionamenti ci siamo concentrati sull’analisi degli indici vegetazionali calcolati dalle immagini satellitari e sullo sviluppo del modello fino ad agosto

Si tratta di un modello predittivo?

Si. Più che predittivo simula cosa succede in campo ora per ora. A partire dalla temperatura e dalla lunghezza del giorno il modello simula l’evoluzione dello stadio di sviluppo e quindi la sensibilità della coltura al gelo, espressa come temperatura di resistenza, al fine di determinare se è presente o meno un danno da gelo.

Che strumenti avete usato per lo sviluppo del modello?

Il modello è stato interamente scritto in Visual Basic for Application, competenza che ho acquisito proprio durante l’attività di tirocinio. In campo, invece è stato necessario tagliare manualmente le piante alla base e caratterizzare le biomasse. Il lavoro di campo è stato molto semplice ma molto importante perché ha rappresentato la base di partenza su cui è stato calibrato il modello e sul quale sono state validate le tecniche e risultati del telerilevamento.

Che rapporto si è instaurato con i proprietari delle aziende?

Si sono dimostrati sempre molto disponibili. È raro trovare persone che fanno cover crop perché si conosce ancora poco su queste tecniche e tra i pochi è ancor più difficile trovare chi ha scelto di fare senape bianca in purezza.

Beh guardando alla mappa delle aziende direi che avete fatto un ottimo lavoro, coinvolgendo quasi tutta la pianura lombarda.

Merito del Prof. Bechini e del suo grande network. Milano, Bergamo, Brescia, Cremona. Io sono piemontese, di Trecate, in provincia di Novara. Da noi si fa principalmente riso, coltura che viene raccolta nel mese di ottobre e le cover crop seminate tardivamente non possono essere terminate con il gelo. Le cover crop gelive diventano un’importante scelta nelle aziende zootecniche dove possono essere seminate dopo il raccolto del silo mais consentendo anche una migliore gestione dei reflui prodotti in azienda.

Ora che ti sei laureato triennale stai procedendo con gli studi?

Si si, mi sono iscritto alla magistrale in Scienze Agrarie per la Sostenibilità. Il corso è iniziato da poco. Al primo anno c’è il corso di sistemi colturali in cui la modellistica è all’ordine del giorno insieme all’agronomia. Mi piace molto. In più, ho visto che al secondo anno avrò la possibilità di seguire anche un corso sul telerilevamento, che ho affrontato con l’attività di tirocinio, il quale stimola molto il mio interesse in quanto mi sono reso conto che il dato satellitare contiene numerose informazioni che se usate correttamente possono creare un forte supporto agli agricoltori e alla ricerca. Nelle aziende a volte si vede la presenza di strumentazioni ad elevate prestazioni tecnologiche che vengono utilizzate al minimo del loro potenziale in quanto l’utilizzatore non sa come interpretare i dati.

Credi che un giovane laureato possa essere di supporto agli agricoltori?

Così come l’agricoltura deve essere il più integrata possibile anche il rapporto tra agronomo e agricoltore deve cercare di esserlo. L’agronomo grazie alle sue conoscenze deve perseguire verso la sostenibilità dell’intero sistema aziendale anche nel lungo periodo: una spesa oggi può essere un guadagno domani. Bisogna staccarsi dalle tecniche più convenzionali ma spesso l’introduzione di nuove pratiche non sono sempre ben accette.

Che augurio ti senti di fare ai nuovi arrivati al DiSAA?

L’ambiente universitario in cui mi ritrovo mi sta dando molto continuando a farmi sviluppare nuove competenze e credo che ciò possa valere lo stesso anche per molti altri. L’augurio è di non perdere mai la loro curiosità e voglia di conoscere. È quello che ti stimola e ti fa capire quali sono veramente i tuoi interessi senza la presenza di limiti. E questo non è riferito al prendere un buon voto, quello è una conseguenza dell’impegno messo, ma è riferito alla crescita personale che porta a valorizzare te stesso e chi ti circonda.