#MeetTheProfessors

Incontro con Antonio Ferrante, Professore Ordinario di Orticoltura e Floricoltura, con Dottorato di ricerca in Tecnologie Avanzate in Ortoflorofrutticoltura conseguito con Lode nel 2001. Ad oggi, Ferrante è il Presidente del Collegio Didattico del Corso di Laurea triennale in Produzione e Protezione delle Piante e dei Sistemi del Verde e del Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Produzione e Protezione delle Piante del DiSAA.

Buongiorno Professore, come va al DiSAA?

Molto impegnato come al solito. Al momento mi trovo alle prese con la selezione di studenti internazionali nell’ambito del Master in Plant Breeding per l’ammissione al secondo anno del corso di Laurea Magistrale che verranno a frequentare il DISAA nel corso del prossimo anno accademico. Abbiamo ricevuto oltre 500 candidature.

Di che progetto si tratta?

È un progetto Erasmus Mundi per un Master (Laurea Magistrale) con erogazione ai partecipanti di un doppio titolo. Il DiSAA partecipa come partner con l’Università UniLaSalle della Francia, capofila del progetto, e altri 6 partner europei. Gli studenti possono dunque scegliere dove frequentare il primo e il secondo anno tra le università partner.

Beh l’attrattiva di Milano è sicuramente alta.

La Facoltà di Agraria della Statale di Milano è la terza più vecchia d’Italia dopo Pisa e Napoli, ed è la diciassettesima nel mondo. In particolare, la Facoltà di Agraria a Milano ha oltre 150 anni di storia, e questo ci distingue e valorizza molto rispetto ad altre realtà italiane. Non solo per l’altissima qualità del personale docente ma anche perché collaboriamo da sempre con diverse aziende agrarie del territorio oltre alle proprie aziende agrarie.

In che senso?

Le aziende agrarie dell’Università di Milano hanno indirizzi diversi come quella zootecnica, frutticola, una mista con zootecnia e coltivazioni in campo di ortaggi e piante arboree da legno, ma non solo, ma abbiamo anche un’azienda agricola di montagna a Borgo Adorno di Cantalupo Ligure (AL).

Perché sono strategiche?

È essenziale dal punto di vista didattico in quanto ci consente di insegnare ai nostri studenti tutta la filiera legata alla produzione agraria. Dalla teoria al campo che è importantissima per imparare una professione. I nostri studenti, a seguito delle lezioni in aula, vedono l’applicazione della teoria attraverso l’uso delle macchine in campo, la produzione del foraggio, come si alimentano le vacche da latte fino alla fase della mungitura. Inoltre, tieni presente che le attività di ricerca del DiSAA sono estremamente all’avanguardia e i nostri studenti sono coinvolti in prima persona, spesso proprio in azienda.

Mi faccia un esempio di un tema di cui vi state occupando al momento.

Un tema caldo, su cui molti dei miei studenti stanno lavorando, sono ad esempio i biostimolanti. Io mi occupo di sistemi colturali in serra di specie orticole e floricole e dal punto di vista dell’attività di ricerca, mi focalizzo soprattutto sulla qualità dei prodotti.

I consumatori sono sempre più attenti alle qualità intrinseche dei prodotti.

Verissimo. Un tempo si pensava maggiormente all’aspetto degli alimenti, ora i consumatori valutano un prodotto anche dal punto di vista sensoriale e nutrizionale. L’obiettivo della nostra attività di ricerca è proprio quello di migliorare gli aspetti nutrizionali di un prodotto. Per esempio, pensa a tutte quegli spot televisivi in cui si sente parlare degli effetti benefici degli alimenti e del loro contenuto in antiossidanti. Quello che facciamo in campo e in serra è provare ad aumentarne il contenuto attraverso sistemi e tecniche di coltivazione innovativi, utilizzando composti come per esempio proprio i biostimolanti, ovvero prodotti di sintesi che possono migliorare la capacità di crescita della pianta, arricchendo al tempo stesso le sue caratteristiche nutrizionali.

Ma quindi cosa sono i biostimolanti?

Sono prodotti ottenuti da matrice organiche, ad esempio alghe, piante, aminoacidi, vitamine, oligosaccaridi, tracce di ormoni vegetali, che una volta estratti durante la fase di lavorazione possono essere utilizzati per la coltivazione al fine di aumentare la resa e la qualità di un prodotto.

Anche gli scarti di filiera agroalimentare sono biostimolanti?

In questo caso è più corretto parlare di composti bioattivi.

Oggi si parla molto di cambiamento climatico, dell’aumento delle temperature, e di conseguenze c’è l’urgenza di migliorare i nostri sistemi colturali. Nel lungo periodo, si cercherà di trovare delle piante che dal punto di vista genetico sono più adatte alle mutate condizioni ambientali, mentre nel breve periodo cerchiamo di  utilizzare prodotti come i biostimolanti che permettono di stimolare, per quanto ne abbiamo bisogno, alcuni sistemi di protezione della coltura.

Per esempio, uno degli obiettivi del Green Deal Europeo si è quello di ridurre l’impiego di fertilizzanti, agrofarmaci , fitoregolatori esogeni e cosi via, che impatto avrà questo nel sistema colturale?

I biostimolanti possono essere un valido supporto. Molte delle aziende di riferimento per la produzione di biostimolanti sono italiane e collaborano direttamente con noi del DiSAA e con enti di ricerca nazionali. A livello Europeo poi, si è creato un gruppo chiamato EBIC volto a disciplinare proprio questo specifico settore.

A conferma di quanto sia all’avanguardia ciò su cui state lavorando

In passato, chiunque poteva mettere sul mercato prodotti a base di estratti vegetali senza nessuna caratterizzazione.  I risultati però non sempre erano degni di nota, provocando col tempo un certo scetticismo negli agricoltori. Pertanto, diverse ditte si sono imposte di standardizzare la produzione e hanno creato l’Associazione Europea EBIC al fine di raggiungere un regolamento comunitario e permettere una produzione standardizzata e regolamentata. 

In cosa consiste il vostro lavoro con l’industria?

Al DiSAA si studiano i prototipi che vengono validati e poi messi in commercio. Il nostro è un approccio di tipo molecolare, ossia andiamo a vedere quali geni vengono attivati, quali metaboliti vengono prodotti, che qualizi enzimi sono attivati al fine di avere una caratterizzazione ad-hoc del prodotto. Negli ultimi anni, è aumentata molto la richiesta di questo tipo di ricerche. Parlavamo prima di circular economy, molti di questi estratti possono essere ottenuti da scarti della filiera agroalimentare. Per esempio, estratti di residui di ortaggi o materiali scartati durante la fase di raccolta e preparazione degli alimenti. Oppure anche dalla filiera del pesce. Teste e lische, utilizzati per la produzione di collagene. Opportunamente trattati, tali scarti producono aminoacidi utili anche in agricoltura!

Un rifiuto che diventa un prodotto! Oggi c’è molta attenzione al rispetto dell’ambiente. La FAO, ma anche il recente Outlook 2031 pubblicato dalla Commissione Europea, parla di crescita significativa della popolazione mondiale.  

Nel 2050 supereremo gli 9,5 miliardi questo ci impone un ampliamento della superficie coltivabile, ma sappiamo dalla recente COP26 che la preservazione delle foreste è importantissima per il contenimento della temperatura, o miglioriamo il nostro sistema di coltivazione. I sistemi attuali non sono in grado di soddisfare il problema di richiesta di aumento di cibo; perciò, dobbiamo trovare nuovi sistemi colturali innovativi. Il miglioramento genetico, le coltivazioni in serra, in door, le vertical farm.

A Milano sono state inaugurate di recente due vertical farm.

Certo! Planet Farm e Agricola Moderna. Noi al DiSAA collaboriamo con quest’ultima.

Ma come funzionano esattamente?

Le vertical farm sono dei capannoni modulari principalmente pensati per quelle aree del mondo dove le condizioni ambientali non sono favorevoli alla coltivazione in pieno campo, pensa agli ambienti desertici o dove non c’è terreno agrario. La creazione di un sistema modulare chiuso permette di aumentare la produzione anche in questi ambienti tipicamente ostili alle pratiche agricole.

In cosa consiste la vostra collaborazione con Agricola Moderna?

Nell’ambito del progetto MIND FOODS HUB. Studiamo quali piante sono più idonee ad ottenere risultati altamente produttivi in sistemi di questo tipo. Le vertical farm sono sistemi chiusi, non hanno escursione termica mentre la luce è artificiale. La nostra sfida è quella di capire come compensare e ammortizzare i costi aggiuntivi di coltivazione. Siamo di fronte ad un problema di tipo ingegneristico di utilizzo dell’energia e ottimizzazione dei processi.

Davvero molto interessante Professore. Tante buone ragioni per iscriversi al DiSAA.

Credo che la Facoltà di Scienze Agrarie permetta agli studenti di aprirsi ad uno scenario lavorativo molto ampio. C’è la parte economica con economia agraria ed estimo, la parte ingegneristica con l’apprendimento della meccanizzazione dei sistemi complessi, si studia biologia, botanica, scienze delle coltivazioni e le costruzioni rurali, di stalla e serra e infine si ricevono competenze di diritto perché, come accade per molte materie, è necessario conoscere i regolamenti che disciplinano le produzioni e i mercati. Dal punto di vista didattico, quindi, si sviluppa l’elasticità mentale sempre più richiesta nel mondo del lavoro. Non è una facoltà mnemonica, si devono capire i concetti e legare le discipline tra di loro. E poi offre svariate applicazioni e questo è senza dubbio un valore aggiunto.

Infatti, è una  bella sfida.

Per chi fosse interessato le nostre triennali saranno presentate il prossimo 2 Febbraio. Maggiori informazioni a questo link https://cosp.orientamentounimi.it/dettagli_evento.php?id=40&s=6