#MeetTheStudents

Valentina Ricciardi, laureata al DiSAA e pronta a partire per gli States, UCDavis, la miglior università al mondo per la frutticoltura, ci racconta la sua storia.

Ciao Valentina, raccontaci un po’ di te.

Sono originaria di Brenta, sul Lago Maggiore e frequento il secondo anno di dottorato. Mi occupo di miglioramento genetico della vite, sotto la supervisione della Prof. De Lorenzis. In particolare mi interesso della resistenza della vite a diverse malattie, come per esempio la peronospora, che distrugge gran parte della produzione della vite nel Nord Italia.

Quindi tu vai alla ricerca di geni di resistenza a questa malattia?

Sì, per verificare e validare la loro funzione utilizzo la tecnica del genoma editing CRISPR/Cas9.

Spiegaci cosa fai in laboratorio.

Prendo le foglioline delle piante e ne estraggo il DNA, grazie ad una serie di reazioni chimiche. Dal DNA, grazie ad una reazione di amplificazione che prende il nome di PCR, ottengo la sequenza del gene di interesse, su cui disegnare delle guide. Il DNA dei batteri è fatto ad anello. Grazie all’inserimento di queste guide e di forbici molecolari che prendono il nome di endonucleasi (la Cas9, in questo caso), tali forbici possono essere guidate nel punto del genoma della pianta che intendiamo modificare. Trasformata la pianta utilizzando il battere, le forbici possono giungere sul posto della modifica desiderata e tagliare il DNA della pianta. A quel punto entra in azione un meccanismo normale della cellula. Infatti, se il DNA viene danneggiato, la cellula cerca di ripararlo. Ma non si tratta di un meccanismo di riparazione perfetto in quanto si generano degli errori che fanno sì che alcuni geni si spengano. E arrivati a questo punto, se riesco a spegnere un gene, posso andare a studiare cosa succede alla pianta quando questo gene non c’è più e come essa cambia il suo comportamento.

Come hai selezionato i geni di resistenza alla peronospora?

Normalmente, i geni di resistenza a peronospora della vite derivano da varietà americane o asiatiche che si sono evolute insieme al patogeno. Il gruppo in cui lavoro ha però identificato una varietà di vite proveniente dalla Georgia, nel Caucaso, che possiede la resistenza alla malattia. Questo fa di essa la prima varietà euroasiatica identificata con caratteri di resistenza a peronospora della vite. Studiandola e mettendola a confronto con altre varietà resistenti e suscettibili alla malattia, sono stati identificati dei candidati geni di resistenza che ora ho il compito di validare.

Una scoperta interessante…

Sì, l’origine europea della varietà potrebbe facilitare i programmi di breeding di varietà resistenti e il meccanismo di resistenza di questa varietà sembra molto interessante. Per questo, questa “scoperta” mi ha permesso di vincere un piccolo premio con un’azienda olandese, la Keygene, che si è offerta di estrarre il DNA della pianta per poterne sequenziare tutto il genoma. Questo genoma andrò io stessa ad assemblarlo in California, alla UCDavis, a fine anno.

WOW congratulazioni!

Eh sì! È la migliore università per la frutticoltura al mondo. Non pensavo di arrivare fin qui, sono molto emozionata. La mia missione è quella di lavorare con le “cose che non si vedono” e fare come delle “magie”: rendo visibile ciò che non si vede! Lavorare sui genomi è un po’ anche questo: il genoma della pianta non lo si vede, ma dopo aver apportato su di esso delle modifiche, la piante risultano differenti.

Esistono molte varietà di vite?

Certamente, la vite è una pianta da sempre presente in natura. Tuttavia, le varietà di vite che conosciamo oggi hanno poco a che vedere con la vite selvatica. Per via dell’intervento umano, infatti, la vite ha subito diverse modifiche dovute ai ripetuti incroci nel tentativo di ottenere varietà che presentassero le caratteristiche desiderate, come quelle per ottenere del buon vino dai suoi frutti. Nei programmi di miglioramento genetico passati, la tendenza è stata quella di preservare le varietà che conosciamo. In realtà, continuare ad utilizzare solo le varietà maggiormente conosciute ed utilizzate per migliorarne altre è riduttivo, in base alla quantità di caratteristiche che si potrebbero avere a disposizione se si considerassero altre varietà, anche se in via di estinzione o poco caratterizzate. Per fortuna oggi siamo molto consapevoli di tutto ciò.

Ci sono molte tipologie di Vitis?

Sì, ci sono molte specie di Vitis con altrettanti e più tratti interessanti da poter utilizzare nei programmi di miglioramento genetico. Il limite di questi programmi, nel caso della vite e di molte altre piante da frutto, è che richiedono molto tempo. La vite è una pianta arborea e va a produzione dopo un paio di anni rispetto a quando viene piantata. Di conseguenza, i programmi di miglioramento genetico classico impiegano circa 50 anni per risultare in una varietà.

Il tempo è un po’ lungo. Potrebbe essere disincentivante un risultato che arriva così tardi nel tempo…

Decisamente. La tendenza alla conservazione probabilmente deriva anche da questo. Le soddisfazioni arrivano dopo molto tempo. In realtà, il genome editing tornerebbe utile proprio in questo senso, dato che permetterebbe di accorciare notevolmente i tempi necessari per ottenere le nuove varietà. Purtroppo deve essere ancora approvato dal punto di vista legislativo.

Ed etico.

Già, molti tendono a non considerare che il genoma editing è una tecnica che permette di modificare precisamente quello che si vuole modificare. E che si potrebbe essere più sicuri con il genoma editing rispetto ad altre tecniche comunemente utilizzate e tacitamente accettate.

Da dove nasce la tua passione per il genoma editing?

Nasce in età matura in realtà. Alle superiori ho frequentato l’istituto magistrale, i professori mi dicevano che ero più portata per le scienze sociali. Quindi ho provato a mettere insieme scienze sociali e la mia passione per la Biologia tentando la strada della Logopedia ma non sono passata all’esame di ammissione all’università. Così, per curiosità, mi sono iscritta ad Agraria in cerca di basi scientifiche per ritentare il test di ingresso fallito in precedenza. Ma lì è invece nata la mia passione per la Botanica e le Biotecnologie.

Cosa vuoi fare da grande?

Miglioramento genetico ovviamente! Mi piacerebbe sviluppare varietà di piante in base alle necessità del mondo. Anche con l’aiuto della tecnologia a disposizione, e di quella che verrà.