#MEETTHEPROFESSORS

Una chiacchierata con la Professoressa Elisabetta Riva, con esperienza trentennale nei corridoi del Dipartimento, prima da studentessa, poi come dottoranda e come tecnico di laboratorio e ora da docente di Costruzioni Rurali.

 

Il DiSAA è la tua seconda casa….

30 anni sono passati in un attimo. Ho sempre lavorato con grande passione nell’intento di trasmettere agli studenti e agli allevatori quello che impariamo ogni giorno sul campo. Fin dai tempi del mio dottorato, dedicato all’analisi dei finanziamenti della Regione Lombardia agli allevatori della provincia di Lodi per la realizzazione di strutture ed edifici di ricovero per animali, ho notato come i difetti di progettazione influivano sul benessere degli animali.

Difetti dal punto di vista architettonico?

Si per esempio. Talvolta si trattava di capannoni di tipo industriale, non idonei per raccogliere animali all’interno.

Quali sono dei criteri di base?

Per esempio se l’edificio è orientato in modo sbagliato o è così vicino ad altri, o troppo largo da non permettere la ventilazione naturale, si deve ricorrere maggiormente a sistemi di ventilazione attiva, energivora. Questi aspetti creano problemi agli animali e influiscono sul loro posizionamento all’interno della struttura. In alcuni casi studio, ho notato come essi utilizzassero solo un terzo dello spazio adibito a loro, nel periodo caldo.

Eh magari si mettevano nell’unica area di ombra.

Non è così semplice! In realtà gli animali sono in edifici coperti ma non sempre le condizioni sono idonee. I criteri progettuali che insegno ai ragazzi del mio corso consistono in indicazioni precise sull’ubicazione e l’orientamento delle stalle, sulle attrezzature, ma anche e soprattutto sull’ambiente all’interno dell’edificio. Le stalle per bovini da latte di solito hanno una struttura semplificata. Hanno un tetto e un cupolino centrale che serve per far fluire l’aria di ventilazione. Ma frequentemente il manto di copertura non è adeguatatene coibentato.

Ma le stalle da bovini da latte hanno le loro specificità rispetto a quelle per altri animali?

Si, ogni specie ha delle caratteristiche molto precise rispetto alla temperatura ottimale. Tutti gli animali allevati sono omeotermi e hanno un range di temperatura vitale minima e massima. È importante per un allevatore mettere l’animale nella condizione migliore di comfort termico, in modo che gli dia una massima resa. Se l’animale sta al freddo tutto quello che mangia viene bruciato per riscaldarsi, se invece lo mettiamo nelle condizioni di temperatura elevata non riesce a smaltire il calore. 

Meglio sta l’animale, meglio produce.

Certo, la rendita è migliore. Il fattore produttivo è un indice del benessere dell’animale.

Ne parlavo anche con il Prof. Calcante affrontando il tema della robotica e della zootecnia di precisione.

Le stalle si sono senza dubbio evolute molto negli ultimi decenni. Pensa che uno degli ultimi progetti a cui stiamo lavorando in collaborazione con il CREA si chiama SPAZIO.

SPAZIO sta per…?

È l’acronimo di Sistemi Per il monitoraggio e la localizzazione in Allevamenti Zootecnici Intensivi per la gestione Ottimale delle bovine.

In cosa consiste?

I colleghi del CREA si occupano della parte zootecnica degli animali. Noi invece, con l’equipe di Giorgio Provolo, dell’ambiente interno adibito agli animali. La base di partenza sono i risultati del progetto GALA , dove abbiamo realizzato un sistema di gestione dell’ambiente di stabulazione nelle stalle da latte integrando le diverse informazioni (microclimatiche, non climatiche, comportamentali, produttive, alimentari, gestionali) in modo da fornire segnalazione all’allevatore di situazioni anomale.

Come gestite e con quali mezzi il monitoraggio?

Le attività previste integreranno le tecnologie esistenti per la registrazione automatizzata dei dati provenienti da stalle e animali con una tecnologia innovativa per il sistema di localizzazione in tempo reale (RTLS) degli animali. In pratica conosceremo la posizione di ciascuna bovina, all’interno della stalla, attraverso la trasmissione dei collari verso una serie di antenne montate in stalla.

Ma gli allevatori sono interessati ad una simile tecnologia? Non è troppo difficile e troppo costosa?

Tieni presente che gli allevamenti si stanno ingrandendo. Diventa necessario avere un’informatizzazione per il monitoraggio e il controllo di questi animali. La novità che vorremmo dimostrare in due stalle è quella della localizzazione degli animali, aspetto su cui per ora la ricerca è carente. Facendo indossare un collare alla vacca da latte riusciamo, grazie all’analisi dei dati, a capire come l’animale reagisce agli stimoli al fine di migliorarne la gestione, per esempio indicare all’allevatore dove apportare migliorie progettuali in funzione di dove si posiziona l’animale.

Tutto questo sempre in ottica di benessere animale.

Si dal punto di vista tecnologico. Altri colleghi, come per esempio il gruppo di Silvana Mattiello si occupa più di etologia, o biologia comportamentale dell’animale. Il mio gruppo si focalizza invece sulle strutture. Per esempio, le cuccette, ovvero quegli spazi dove gli animali vanno a riposare, devono avere delle misure ben calcolate , in base alle dimensioni degli animali altrimenti gli animali fanno fatica a rialzarsi o a sdraiarsi come si vede in questo schema, che dimostra lo spazio necessario per la bovina che passa dalla posizione di decubito a quella eretta. Guarda questa immagine esplicativa.

mucche alzata in stalla

Un’altra miglioria dell’ambiente di stalla, di cui ti occupi da tempo, sono i tetti verdi e innovativi. Di cosa si tratta?

Ancora una volta parliamo delle stalle per i bovini da latte. Questa specie resiste bene a temperature che vanno da -5 a 25 gradi. Considerando le condizioni climatiche attuali in Pianura Padana, c’è un periodo dell’anno molto ampio in cui gli animali vanno in stress da caldo. Vuol dire che l’animale non è più in grado di espellere calore. L’animale non riesce a riposare adeguatamente, spesso sta in piedi, anziché sdraiato. I bovini, non sudano come noi umani. Essi eliminano il calore attraverso vie le respiratorie, sotto forma di calore latente. Se vai in una stalla dove la temperatura è elevata gli animali sono in iperventilazione per cercare di dissipare il calore.

E questo ha conseguenze sulla loro produttività.

E sulla fertilità dei mesi successivi, in caso di temperature elevate per lunghi periodi. E questo per l’allevatore rappresenta un bel problema. 

Come diminuire allora la temperatura interna alle stalle?

Per esempio concentrandosi sui materiali che vanno a rivestire le stalle. Per esempio, si possono mettere dei pannelli sandwich di colore bianco, in modo da aumentare l’albedo e di conseguenza limitare le radiazioni incidenti, oppure scegliere materiali con caratteristiche tali a limitare il flusso di calore verso gli animali. E’ il caso dei tetti verdi, già molto diffusi nelle città e nei edifici abitativi.

Quindi rendere verde e vivo un tetto.

Creare uno smart roof con uno strato sottile di suolo per non pesare sulla struttura. Niente di nuovo: in ambito urbano c’è addirittura la norma UNI 11235:2015 che definisce i criteri di progettazione, esecuzione, controllo e manutenzione di coperture continue a verde, e che prevede spessore che arrivano fino a 100 cm di suolo. Per le stalle stiamo confrontando 3 tipi di suolo di rispettivamente 3-5-e 7 cm.

E con cosa ricoprite questi smart roof?

È un progetto multidisciplinare finanziato dall’Ateneo. Per portare a termine il lavoro servono competenze di costruzioni rurali, fisica tecnica ma anche di vegetazione. Per quest’ultimo aspetto abbiamo chiesto a Antonio Ferrante e convenuto di cominciare con due essenze. La gramigna (Cynodon dactylon), una pianta macroterma, che ha una strategia fotosintentica avanzata e quindi può vivere molto bene in un clima mediterraneo e il trifoglio (Trifolium repens)  pianta azoto-fissatrice e che quindi può creare del nutrimento per la gramigna.

Quindi sono due piante che si rinforzano a vicenda. 

Esatto e anche in presenza di temperature elevate riesce a resistere.

Un manto verde sul tetto di una stalla può ridurre il calore in ingresso anche di 3-4 gradi centigradi.

Ma oltre a questo effetto di isolamento termico abbiamo pensato anche all’impatto visivo. Spesso nelle zone-parco le commissioni che valutano i nuovi progetti di edifici di stabulazioni ne regolano l’altezza, a scapito della ventilazione della stalla stessa. In questo caso, l’istallazione di un tetto verde può mitigarne l’effetto. A questo proposito, stiamo compiendo una valutazione LCA con il Prof. Riccardo Guidetti per valutare la sostenibilità del progetto.