Il tesoro del DiSAA: la collezione Garnier Valletti per riscoprire varietà che non esistono più

La regione Lombardia vanta un elevato numero di varietà di melo e pero autoctone, la cui coltivazione si è estinta nel tempo. Attraverso la pregiatissima collezione Garnier Valletti, è possibile “toccare con mano” oltre 1500 esemplari di frutti artificiali. Un processo low-tech, ma geniale, che ha reso eterni i frutti delle terre lombarde.

Gli artigiani italiani sono famosi per la loro genialità, ma anche per la loro attenzione al dettaglio. Ed era davvero leggendaria la minuziosità di Francesco Garnier Valletti (Giaveno, 1808 – Torino, 1889), che iniziò la sua attività come confettiere e modellatore di fiori in cera nella Torino del 1830, e fu apprezzato dalle più importanti corti europee: da Vienna a Postdam in Prussia, sino a San Pietroburgo, allora capitale della Russia degli zar.

E proprio nel corso della sua attività professionale per i sovrani europei Garnier Valletti si trasformò da artigiano decoratore in validissimo pomologo. Come da lui stesso documentato, in “Raccolta di ogni sorta di segreti” riprodusse 1520 varietà di frutti appartenenti a 19 specie tra cui 800 di varietà di uve. Egli eseguiva come preliminare un disegno dal vero del frutto, in grado di rispecchiarne dimensioni e perfetta colorazione, e annotando le caratteristiche botaniche ed agronomiche. In un’epoca in cui la fotografia era un’arte ancora agli albori, Garnier Valletti lavorava in una sorta di “camera oscura” per proiettare le sagome ed eseguirne il disegno tridimensionale perfettamente proporzionato. Si può dire che i suoi erano veri e propri cataloghi da collezione, all’epoca utilizzati dagli istituti scolastici per insegnare agli studenti le caratteristiche pomologiche dei frutti, e dai vivaisti per mostrare agli agricoltori le diverse varietà di cui si disponeva per la vendita. Ogni modello, prodotto in genere partendo da stampi in legno e riempiti di cenere umida, poi ricoperti con gesso, con inserito al suo interno un filo metallico per appenderlo durante la lavorazione, veniva colorato, levigato alla perfezione, il gancio raccorciato e ricoperto per simulare il peduncolo e alla cavità calicina venivano collocati i sepali, eseguiti con materiali diversi, talvolta quelli veri essiccati. Per uguagliare il peso originale, Garnier Valletti aggiungeva all’interno ulteriore miscela prima della chiusura e talvolta un biglietto col suo nome e la data di esecuzione. La pellicola pittorica veniva eseguita con strati alternati di biacca, colofonia, resina dammar, levigati opportunamente e colorati. L’ultimo strato era di vernice lucida o opaca, con la riproduzione di lenticelle, rugginosità e infine anche alcune irregolarità tipiche di ogni varietà.

Alcuni di noi hanno potuto ammirare parte della collezione Garnier Valletti in occasione della terza edizione del “Triennale Design Museum” nel 2010 e durante l’Expo 2015 nel padiglione della biodiversità, a testimonianza non solo del valore artistico ma anche della valenza scientifica di questi frutti artificiali, che rappresentano l’enorme patrimonio varietale presente nel passato sul nostro territorio nazionale ed europeo. Si stima che a fine attività Garnier Valletti abbia modellato più di 5000 frutti diversi ed eseguito più di 25000 manufatti. Il torinese venne anche nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia da Umberto I e nel 1886 iniziò a tenere un corso di preparazione di frutti artificiali presso il Comizio Agrario di Torino, mentre 3 anni dopo, per interessamento del Ministro della Pubblica Istruzione ottenne una cattedra di Pomologia Artificiale.

 

Oggi, a distanza di oltre un secolo, possiamo affermare che queste collezioni, al di là del valore artistico, racchiudono una forte valenza scientifica, poichè sono testimonianza della biodiversità presente nel passato sul nostro territorio nazionale che col tempo è andato perdendosi. Infatti, nella collezione del DiSAA sono presenti numerosissime varietà di cui si è persa traccia o non più utilizzate per la coltivazione, ma che potrebbero essere recuperate e valorizzate quali fonti di materiale genetico ai fini di un’agricoltura più sostenibile.

E’ quello che i ricercatori del Dipartimento, sotto la guida della Dr.ssa Anna Spinardi, stanno facendo nell’ambito del progetto POMALL (POMacee Antiche Locali Lombarde a rischio di estinzione). Un progetto biennale, finanziato dalla Regione Lombardia, che vede la collaborazione con altre istituzioni, quali, Università Cattolica Sacro Cuore, Fondazione Minoprio, Comunità Montana di Valle Camonica – Servizio Parco dell’Adamello e Sistema Museale dell’Oltrepò Pavese – Civico Museo di Scienze naturali di Voghera (PV).

L’obiettivo generale di POMALL è di caratterizzare dal punto di vista morfologico e genetico le risorse frutticole di melo e pero locali della Lombardia sottoposte ad erosione genetica e a rischio di estinzione, al fine di favorirne la loro conservazione, valorizzazione e inclusione all’Anagrafe Nazionale della Biodiversità di interesse agricolo e alimentare.