#MEETTHEPROFESSORS
Due chiacchiere con il Professor Aldo Calcante, docente associato di Meccanica Agraria al DiSAA, il quale racconta del suo insegnamento di zootecnia di precisione nel corso di Laurea Magistrale in Scienze Agrarie per la Sostenibilità e dell’utilizzo dei robot di mungitura, (ultimo acquisto hi-tech della facoltà) e di alimentazione.
Parlami un po’ di te. Da dove nasce la tua passione per l’agricoltura?
L’ho sempre avuta. I miei nonni avevano un po’ di terra sull’Appennino Tosco-Emiliano poi abbandonata perché non abbastanza redditizia. Ho sempre avuto voglia di riprendere in mano usi e tradizioni familiari.
Quindi hai fatto perito agrario?
No. Pensa che alle superiori avevo fatto tutt’altro. Istituto Tecnico Industriale ad indirizzo Telecomunicazioni.
E poi?
La passione per l’agricoltura ha preso il sopravvento. Mi sono laureato qui alla Facoltà di Agraria di Milano e non l’ho più lasciata. Ho fatto il dottorato di ricerca, poi sono stato assegnista poi ricercatore. Ora infine sono un docente associato.
A cosa stai lavorando?
La mia carriera al dipartimento è stata interessata da due temi principali. Uno sull’agricoltura di precisione che mi porto dietro fin dal dottorato di ricerca e riguarda le tecnologie avanzate da applicare alle macchine agricole di pieno campo. Poi da qualche anno, insegno anche macchine e impianti per la zootecnia e devo dire che il tema mi appassiona molto.
Sono entrambi temi in cui è fondamentale la tecnologia e le innovazioni tecnologiche.
Esatto. Per esempio per la parte zootecnica seguo gli impianti robotizzati, tipo i robot di mungitura (che abbiamo recentemente acquistato per la nostra azienda agricola di Landriano) e i sistemi automatici di alimentazione.
Di cosa si tratta?
Beh è un robot che prepara e somministra in autonomia le razioni alimentari agli animali.
Come funziona?
È come fare una torta. L’allevatore da la “ricetta” al sistema robotizzato, questo si reca in “cucina” dove sono a disposizione tutti gli ingredienti necessari che vengono “assemblati” da un dispositivo ad-hoc che trincia e miscela i vari prodotti. Infine il robot è autonomo anche nella somministrazione di quanto preparato, o grazie ad un vagoncino sospeso su un binario o mediante un piccolo veicolo semovente in grado di distribuire agli animali la giusta quantità di cibo.
Caspita. Ma il robot lo fa meglio dell’uomo?
Di solito in stalla il cibo viene preparato e somministrato una sola volta al giorno, per esempio la mattina. Due volte al massimo nei periodi più caldi dell’anno. Con il robot invece si ha la possibilità di preparare la razione N volte al giorno. In questo modo, gli animali si alimentano con maggiore frequenza e hanno sempre a disposizione un alimento fresco.
Quindi influisce sul benessere degli animali?
Per esempio. Essendoci sempre cibo a disposizione c’è meno competizione tra gli animali. Nei gruppi di animali, ci sono sempre quelli più o meno dominanti. La presenza costante di alimenti in mangiatoia, fa si che anche le vacche più timide possano nutrirsi senza timore e ciò crea delle dinamiche di gruppo favorevoli al benessere animale e alla produzione.
Certo perché una vacca che sta bene, produce bene.
Sicuramente.
E quindi i vostri studi si concentrano sul funzionamento e miglioramento di questi tipi di robot?
Si, li studiamo dal punto di vista tecnico-economico, prestazionale ma facciamo anche attenzione al rapporto che gli animali hanno con queste macchine.
Infatti, che ne pensano di avere un robot in stalla?
Trovo molto interessante e curioso osservare il comportamento delle vacche nei confronti dei robot. Generalmente dimostrano curiosità. Reagiscono in modo diverso se il robot distribuisce l’alimento o se si limita a spingere l’alimento verso la mangiatoia. In questo ultimo caso, di solito dimostrano indifferenza perché hanno capito che non c’è nulla di nuovo.
Ma il robot non rappresenta una distrazione per gli animali?
Un dubbio che avevamo inizialmente era che le macchine potessero sottrarre tempo alla ruminazione e al riposo degli animali, fattori molto importanti e che hanno un impatto sulla loro produzione. Invece, gli studi e le osservazioni sul campo, svolte in collaborazione con i colleghi di veterinaria, ci dicono che tutto può essere in equilibrio
Ben vengano i robot allora.
Un aspetto importante riguarda allora la conservabilità dell’alimento. Preparando la razione manualmente, in modo tradizionale, si prepara l’alimento che serve per tutta la giornata e per fare ciò occorre personale dedicato e preparato. Grazie ai robot questo problema non sussiste. Si ottimizza la manodopera e si garantisce cibo fresco per gli animali in ogni momento.
Quindi anche per gli allevatori ci sarà sempre meno lavoro fisico
È già così. Ad esempio, il robot di mungitura è un dispositivo molto diffuso nei nostri allevamenti.
Veramente? Ma quanto costa in media un attrezzatura del genere?
Fino 130K euro. Se un allevatore ha almeno 60/70 capi è un investimento a mio avviso che ha un senso. Considera che grazie al robot si elimina la figura professionale del mungitore e al giorno d’oggi è veramente difficile trovare manodopera specializzata. Si tratta di un lavoro di grande sacrificio, usurante e senza sosta, non ci sono festività. Quindi ben venga una macchina del genere.
Non credi che la robotica possa influire in modo negativo sull’occupazione?
Ma no. Al robot devi starci dietro. La figura umana serve eccome, solo che cambia il suo ruolo. L’allevatore svolge un lavoro meno fisico e più telematico. In caso di intoppi o anomalie, è il robot stesso che avvisa tempestivamente l’allevatore, attraverso una APP.
Ah e in quel caso l’allevatore va a vedere che succede…
Le macchine sono affidabili ma qualche problema ci può sempre essere. Se una vacca ha un problema, il robot dotato di sensori di ultima generazione la osserva e comunica con l’operatore. In pratica, l’allevatore moderno è una figura professionale in grado di leggere dati e analizzare grafici (i report del robot ad un ogni passaggio in stalla) che il robot è in grado di raccogliere. Tutto finisce nel computer aziendale (o nel cloud) dove ci sono schermate con grafici e consolle con indicatori e interfacce semplici e chiare. Pensa spesso viene utilizzata la metafora visiva del semaforo: verde tutto ok, giallo allarme parziale, mentre rosso….
Diciamo che con l’automazione e la robotica non si lavora di meno ma meglio.
Corretto. Vi è una riduzione della parte fisica mentre aumenta la componente mentale.
Ma gli allevatori old school sono propensi a cambiare il modo di lavorare dopo decenni di attività?
Fanno un po’ di fatica. Ma le nuove generazioni si. Difficilmente vogliono ripetere la vita difficile e faticosa dei loro padri. Vogliono una vita migliore. Ma per fare ciò è necessario fare uno sforzo in partenza: imparare a leggere le interfacce, leggere e interpretare i dati.
Quindi è questo che insegni ai tuoi studenti in zootecnia di precisione?
Si e ti assicuro che sono molte le stalle che chiamano i nostri laureati grazie alla loro competenza tecnologica. In pratica, si perde un lavoro ma se ne acquisisce un altro.
È un po’ come diceva Beppe Severgnini: con l’avvento dei trattori, i maniscalchi è vero che hanno perso il lavoro, ma hanno imparato a guidarli e a ripararli. La stessa cosa vale per i robot e la meccanizzazione della stalla. L’allevatore deve diventare sempre più bravo nell’utilizzo di dispositivi avanzati e ricchi di informazioni. Queste macchine, se gestite bene, portano ad una massimizzazione e ottimizzazione della produzione. Il mondo si è evoluto e va in direzione della tecnologica. È un dato di fatto
Ma quanti sono gli allevatori nostrani che si possono permettere un tale investimento?
Beh di certo è un investimento da considerare in modo oculato. È necessario stilare un business plan al fine di capire il rapporto costi benefici per la propria realtà produttiva. E, una volta affrontata la spesa, il robot deve essere utilizzato in tutte le sue potenzialità
Insomma, non si può rimanere indietro con la formazione
E quindi bisogna investire tempo per imparare a “dialogare con la macchina” e capire come implementare queste tecnologie “di precisione” e una gestione innovativa dell’allevamento. Infatti, il nostro corso di Laurea in Scienze Agrarie per la Sostenibilità è focalizzato sulle pratiche più innovative scaturite dalle nuove conoscenze tecnologiche in ambito agricolo. E infatti a lezione io non parlo di agricoltore o di contadino. Parlo di imprenditore agricolo, parlo di tecnici, di esperti, c’è un gran bisogno di queste figure. Lo scopo è proprio quello di formare i futuri esperti oggi tanto richiesti.
È molto importante anche l’approccio sostenibile, per arrivare a nutrire un numero crescente di persone sulla terra.
Come diceva lo slogan di EXPO 2015 – Nutriamo il pianeta. Ovviamente il discorso è molto più complesso. Pensa che in tante zone fertili del Paese, ancora oggi si costruiscono capannoni. Preziosi ettari di terra tolti all’agricoltura.
Cosa significa questo?
Che dobbiamo coltivare in modo più smart. Mantenere i prezzi contenuti, aumentando la produzione affinché tutti abbiano accesso al cibo. Il ragionamento da fare non è banale bensì onesto. Si tratta di distinguere in modo netto l’agricoltura romantica da quella moderna. Molto spesso i media riportano con enfasi alla coppietta che molla tutto e va a vivere in un eremo in un paesino. Tutto ciò è molto romantico ma non è la soluzione per il pianeta. L’agricoltura di sussistenza è ciò che facevano i nostri nonni, molti dei quali sono dovuti emigrare, abbandonando i loro paesi di origine, per mancanza non solo di reddito, ma proprio di futuro.